Mining Bitcoin ai tempi del Coronavirus

L’epidemia di Coronavirus e ciò che essa comporta mostrano da tempo il loro effetto sul Bitcoin, sia per ciò che concerne l’andamento della criptovaluta sia per i suoi servizi “accessori: cosa sta succedendo al mining Bitcoin?

mining bitcoin quarantena coronavirus

Restrizioni infliuenzano il mining

Le restrizioni poste in atto nei confronti della popolazione per contenere il contagio stanno avendo un impatto sensibile anche su questo settore collegato alla valuta digitale. Molti miner Bitcoin stanno infatti lamentando problemi nello svolgimento del proprio lavoro a causa delle limitazioni poste in essere.

Per quanto rispetto al crollo di qualche tempo fa il Bitcoin sia stato in grado di recuperare riavvicinandosi abbastanza ai 6 mila dollari di valore, è innegabile che in generale l’intero settore stia vivendo un periodo non facile che per quanto riguarda i BTC comprende anche il fatto che la richiesta sia attualmente in diminuzione.

E se per fare una stima dei danni è ancora presto perché bisognerà vedere come si evolverà la pandemia di Coronavirus nel tempo, è un dato di fatto che vi siano problemi a mantenere un corretto sviluppo del sistema.

I problemi del mining Bitcoin

problemi dei miner in quarantena

Focalizzando l’attenzione sul mining Bitcoin è evidente che lo stesso risenta dell’impatto di Covid-19, portando a galla tutta una serie di problemi. E la ragione è molto semplice: le aziende che si occupano di mining e attività accessorie non sono considerate tra quelle proponenti attività essenziali e quindi i lavoratori sono stati costretti a stare a casa.

Un problema che uno dopo l’altro stanno sperimentando tutti gli stati attualmente in lockdown. L’estrazione dei Bitcoin è calata sensibilmente non essendo al momento consentito l’accesso alle miniere e agli uffici con conseguente stress delle società che operano nel settore.

L’esempio della Cina, nazione che sta tentando di tornare alla normalità, ne è la dimostrazione: la quarantena è stata infatti capace di far crollare l’hash rate, l’unità di misura della potenza di elaborazione della rete Bitcoin, da 136,2 quintilioni di hash al secondo dell’1 marzo ai 75,7 quintilioni del 26 dello stesso mese.

Un impatto devastante che si sta riflettendo sul resto del mondo. Se a questo ci si aggiunge la difficoltà a fare arrivare, proprio dalla Cina per via delle restrizioni e dei controlli sulle spedizioni, in tutto il mondo macchine per il mining Bitcoin più performanti è facile comprendere perché si sostenga che questa attività sia in crisi.

Nella speranza che la crisi si risolva c’è da chiedersi cosa accadrà quando a maggio arriverà il momento del tanto annunciato halving. Sarà possibile un miglioramento?

 

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