A che punto è la causa per fallimento di Cryptopia, exchange neozelandese non più operativo dalla primavera del 2019? A quanto pare a una svolta, soprattutto per i clienti in attesa di risarcimento.
La causa di fallimento di Cryptopia
E’ stato proprio il profilo Twitter ufficiale della società a condividere le ultime notizie. Il giudice Gendall del Tribunale di Christchurch ha infatti definito le criptovalute contenute negli account dell’exchange fallito come “proprietà” a tutti gli effetti per via del Companies Act neozelandese del 1993 e non solo: i token presenti all’interno dell’exchange al momento della sua chiusura non sono ascrivibili come asset della società ma sono di proprietà dei possessori di conto. Hanno spiegato sul profilo ufficiale di Cryptopia:
“Il giudice Gendall ha emesso il suo giudizio rilevando in primo luogo che le criptovalute sono “proprietà” all’interno della definizione delineata in s2 del Companies Act del 1993 e, in secondo luogo, che la criptovaluta dei titolari di conti era detenuta su più trust, separati da singole tipologie di crypto-asset“.
Questa decisione non solo rappresenta un punto fermo nella causa nei confronti di Cryptyopia ma rappresenta un importante precedente per il settore.
Cryptopia e casi simili: cosa accade
Il fallimento di Cryptopia non è di certo l’unico “imprevisto” di questo genere accaduto a un exchange: già in passato altre società hanno dichiarato falllimento, con la differenza che i token conservati nei wallet degli exchange sono sempre stati utilizzati come asset aziendali utili per ripagare i creditori.
Qualcosa che non sarà possibile con l’ex excahnge neozelandese visto che i token non sono stati riconosciuti come sua proprietà ma parte della proprietà degli utenti: Cryptopia dovrà quindi trovare un modo alternativo per saldare i debiti della società.
Nel caso di Cryptopia, invece, a quanto pare ciò non avverrà, perché se i token non vengono ritenuti di proprietà dell’exchange, ma degli utenti, probabilmente verranno restituiti a questi ultimi e non utilizzati per ripagare i debiti della società.
Il caso è importante nello specifico perché sancisce che, in Nuova Zelanda, le criptovalute degli utenti conservate dagli exchange su propri wallet sono in realtà proprietà degli utenti. La causa di fallimento di Cryptopia ancora non è terminata, ma con questo giudizio divenuto ufficiale, difficilmente i token rimasti non verranno restituiti agli utenti.
Si tratta di una decisione che in qualche modo, seppur involontariamente porta a regolamentare almeno in parte un settore che non possiede delle regole ben precise, venendo incontro agli utenti in una situazione molto difficile, come solo il fallimento di una società può essere.